LA STORIA:
2 settembre1965: a Monticello, paesino sperduto nel parco di Woodstock, David Pry trova in soffitta un vecchio vinile degli Almanac Singers, il primo gruppo di Pete Seeger e Woody Guthrie. Cosa ci fa un disco di folk di protesta tra gli effetti personali di un fiero e irriducibile patriota come suo padre? David ha bisogno di trovare una risposta in fretta: ha appena avuto la sua prima figlia Melinda, e non vuole farsi cogliere impreparato il giorno che questa comincerà a fare domande su come devono andare le cose nel mondo.
Sarà la guerra del Vietnam a dargli l’occasione di intraprendere un viaggio di revisione critica delle proprie certezze, un percorso che si rileverà ben più lungo e doloroso del previsto. A fargli da guida sarà Hank, un vecchio negoziante di dischi, uomo culturalmente legato a New York e al mondo del folk del Greenwich Village, con il quale David avrà nel corso degli anni continui scontri ideologici e proficui scambi di vinili. Ma a scandire gli eventi e le tragiche notizie che arriveranno dall’Asia saranno due trasmissioni della radio locale: da una parte Cut The News, condotta dal misterioso Jack The Knife, irriverente e polemico disc-jockey, pacifista e anti-interventista, che si prodigherà per lunghi anni a trasmettere tutte le canzoni contro la guerra che non trovavano spazi sui canali nazionali. Dall’altra invece Good Ol’ Times, trasmissione di country music gestita da Hiram King, che darà voce all’America orgogliosa descritta nelle hit di Nashville e alle ragioni dell’intervento contro il comunismo dilagante.
Due mondi che si scontreranno a suon di canzoni e classifiche di Billboard, in una guerra mediatica che David seguirà fino al 1975, sperando fino all’ultimo di poter ricostruire un’eredità morale per i propri figli. Un calvario che si concluderà però solo circa dieci anni dopo, con la figlia Melinda diventata irriducibile fan del Bruce Springsteen di Born In The USA e con la Guerra Fredda che vive il proprio gran finale.
Rolling Vietnam narra dell’unica volta in cui la musica non si è solo limitata a raccontare dei fatti storici, ma ne ha definito gli eventi, ha dato ritmo ai bombardamenti e ha contribuito a scriverne l’epilogo. Narra di patriottismo e dissenso, narra di eroi mancati come Bob Dylan e re in esilio come Elvis Presley. Racconta delle speranze di Ho Chi Minh, dell’ostinazione di Lyndon Johnson e dei trucchi di Richard Nixon parallelamente all’ironia di Phil Ochs, le visioni di Jim Morrison e la controrivoluzione di Merle Haggard. Narra di Khe Sanh, My Lai e Hamburger Hill contemporaneamente al Festival di Woodstock, alla tragedia di Altamont e alle proteste universitarie. Rolling Vietnam è un jukebox scritto e una lettura da ascoltare, attraverso le trasmissioni televisive, i film, e più di cinquanta brani che hanno scritto la vicenda americana più controversa del secolo scorso.
Sarà la guerra del Vietnam a dargli l’occasione di intraprendere un viaggio di revisione critica delle proprie certezze, un percorso che si rileverà ben più lungo e doloroso del previsto. A fargli da guida sarà Hank, un vecchio negoziante di dischi, uomo culturalmente legato a New York e al mondo del folk del Greenwich Village, con il quale David avrà nel corso degli anni continui scontri ideologici e proficui scambi di vinili. Ma a scandire gli eventi e le tragiche notizie che arriveranno dall’Asia saranno due trasmissioni della radio locale: da una parte Cut The News, condotta dal misterioso Jack The Knife, irriverente e polemico disc-jockey, pacifista e anti-interventista, che si prodigherà per lunghi anni a trasmettere tutte le canzoni contro la guerra che non trovavano spazi sui canali nazionali. Dall’altra invece Good Ol’ Times, trasmissione di country music gestita da Hiram King, che darà voce all’America orgogliosa descritta nelle hit di Nashville e alle ragioni dell’intervento contro il comunismo dilagante.
Due mondi che si scontreranno a suon di canzoni e classifiche di Billboard, in una guerra mediatica che David seguirà fino al 1975, sperando fino all’ultimo di poter ricostruire un’eredità morale per i propri figli. Un calvario che si concluderà però solo circa dieci anni dopo, con la figlia Melinda diventata irriducibile fan del Bruce Springsteen di Born In The USA e con la Guerra Fredda che vive il proprio gran finale.
Rolling Vietnam narra dell’unica volta in cui la musica non si è solo limitata a raccontare dei fatti storici, ma ne ha definito gli eventi, ha dato ritmo ai bombardamenti e ha contribuito a scriverne l’epilogo. Narra di patriottismo e dissenso, narra di eroi mancati come Bob Dylan e re in esilio come Elvis Presley. Racconta delle speranze di Ho Chi Minh, dell’ostinazione di Lyndon Johnson e dei trucchi di Richard Nixon parallelamente all’ironia di Phil Ochs, le visioni di Jim Morrison e la controrivoluzione di Merle Haggard. Narra di Khe Sanh, My Lai e Hamburger Hill contemporaneamente al Festival di Woodstock, alla tragedia di Altamont e alle proteste universitarie. Rolling Vietnam è un jukebox scritto e una lettura da ascoltare, attraverso le trasmissioni televisive, i film, e più di cinquanta brani che hanno scritto la vicenda americana più controversa del secolo scorso.
lunedì
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martedì
SAIGON STATE OF MIND
(a cura di Nicola Gervasini)
Una milanese di origini vietnamite mi raccontava che l'impressione che si ha viaggiando per il Vietnam nei giorni nostri è che tutto ciò che riguarda la guerra con gli americani sia stato in qualche modo cancellato e rimosso. La popolazione è oggi anagraficamente molto giovane, e nessuno pare aver voglia di guardarsi alle spalle. Anche perché - secondo lei - la vera guerra che nessuno ha voglia di riesumare non è stata quella con gli yankee invasori, quanto quella fratricida tra nord e sud, che ha vissuto proprio nel momento della dipartita degli americani il momento più tragico e truce, quando venne il tempo delle vendette personali e dei conti da saldare. Nella cultura statunitense invece la parola Vietnam continua a risvegliare sempre nuovi fantasmi. La ferita è talmente aperta, che un cofanetto di canzoni dedicate ad un avvenimento storico ufficialmente concluso nel 1975 può permettersi di spingersi fino al 2008 nel trovare nuove testimonianze in musica. Ed è solo perché bisognava trovare un limite che si sono fermati, perché poi a ben guardare qualsiasi canzone sulla guerra scritta in America negli ultimi quarant'anni, pensa a quella guerra. Willie Nile ad esempio ha confessato che il brano Now That The War Is Over, contenuto nel suo House Of Thousand Guitars del 2009, è stato scritto con il pensiero agli anni 70 e a quel conflitto, ma all'ultimo momento ha sostituito la parola "Vietnam" con "Pakistan" per renderlo più attuale. Scrupolo inutile probabilmente, perché poi a ben guardare di canzoni che pensano al Vietnam continuano ad uscirne più che di ogni altro scenario bellico odierno, forse perché è ancora presto per misurare l'impatto che gli avvenimenti più recenti hanno avuto sulla nostra vita, come invece ha potuto fare il Tom Russell di East Of Woodstock, West Of Viet Nam (brano del recente album Blood and Candle Smoke), in cui il vecchio cantastorie ricorda gli anni della perdita del suo "cuore adolescente" legandoli proprio a quegli avvenimenti. Ma non sono solo i rocker anziani a ragionare sempre in termini di Vietnam: Elvis Perkins nella sua Emile's Vietnam In The Sky (era su Ash Wednesday del 2007) si spinge a citare una frase di sua madre ("sai dove si va quando si muore?") pronunciata dalla sfortunata pochi giorni prima di morire davvero su uno degli aerei dell'11 settembre 2001, ma la immerge storicamente nella cupa atmosfera del Vietnam del periodo coloniale e della guerra di Indocina. E proprio la tragedia delle Torri Gemelle ha evidenziato quanto la guerra del Vietnam sia stata la vera svolta cruciale nella storia americana, perché invece di sostituirsi come shock culturale preponderante, ne ha rianimato l'interesse e le citazioni, come se anche il lutto nazionale dell'11 settembre potesse essere elaborato solo ripercorrendo il sentiero di Ho Chi Minh ancora un volta. Per dirla come l'avrebbe detta Billy Joel dunque, il Vietnam è uno stato della mente, neanche più un fatto storico. Di libri e cofanetti che raccontano come il rock e il Vietnam vivano sempre in perfetta simbiosi potremo leggerne ed ascoltarne ancora a lungo, forse fino a quando un'altra potenza egemone, un'altra cultura dominante, o un altro tipo di arte pregna della fresca carica comunicativa che fu del rock di quarant'anni fa, non troveranno un loro Vietnam
LEGGI LO SPECIALE SUL COFANETTO SU http://www.rootshighway.it/
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