Tra le tante formule usate per spiegare la guerra del Vietnam quella di Denis Johnson è la più pertinente per raccontare questa Radio-grafia di una guerra perché in Albero di fumo (Mondadori) la indicava come un “merdaio con fuochi d'artificio”. E’ la seconda parte della definizione quella che Nicola Gervasini ha cercato di individuare in Rolling Vietnam, un libro che unisce molti punti, una specie di cruciverba in cui è impossibile evitare assonanze, incroci, connessioni, collegamenti. E’ inevitabile associare ai “fuochi d’artificio” il rock’n’roll che ha fatto da “original soundtrack” al conflitto e i personaggi di Nicola Gervasini proprio da lì partono, visto che si comincia da Bruce Springsteen e un flashback dopo l’altro viene passata in rassegna tutta la discografia inerente, in un mondo o nell’altro, alla guerra e ai suoi collegati. C’è l’intero “Vietnam” e non è un caso che sia un italiano (anche se ormai americano d’adozione come tutti noi) a vedere in modo così completo come la ferita della guerra del Vietnam abbia scavato a fondo nella cultura e nell’immaginario americano (e non solo). Lo fa in modo articolato, passando attraverso le canzoni (è questo, e altro ancora, il senso del curioso sottotitolo, Radio-grafia di una guerra) e le musiche (il folk e il rock’n’roll) che hanno distinto quel lungo e sanguinoso momento storico, quasi un quarto del ventesimo secolo. Alcune date vorrebbero che quel segmento di tempo coincida con l’ascesa e la caduta (una delle tante) del rock’n’roll, ma il legame è molto più profondo. La guerra in Vietnam è stata la prima a condividere con il rock’n’roll, l’ascesa del mezzo di comunicazione per eccellenza, la televisione, e la miscela non poteva che scardinare molte strutture. Questo nella realtà perché in Rolling Vietnam la vera protagonista è la radio che riproduce la divisione che, in nome della guerra, ha spaccato in due l’America: da una parte Hiram King e dall’altra Jack The Knife sono due speaker che sembrano combattere una personalissima battaglia a suon di canzoni, ognuna con la sua storia. L’escamotage narrativo non finisce qui perché il principale interlocutore di David Pry, il protagonista di Rolling Vietnam, è Hank (si sarà notato che ogni nome nasconde a sua volta una o pià biografie alternative) un negoziante di dischi che lo rifornisce di tutte le novità. A questo punto è necessario un tributo a tutti quei negozi di dischi che sono ancora veri e propri centri culturali: Rolling Vietnam spiega molto bene cosa succede quando si compra un disco e quali sono le implicazioni possibili ed è comunque lì che, tra tutti i luoghi possibili, si svolge l’immaginario incontro che vorrebbe saldare una ferita. Anche se il “Vietnam” di Nicola Gervasini si svolge tutto in America, nello stato di New York per essere precisi, bisogna dire che nella Radio-grafia di una guerra s’intravede un’idea della musica (non solo del rock’n’roll) e in definitiva della cultura con una valenza che ormai in pochi riescono a dargli. Se non basta questo, fidatevi della breve e commovente introduzione di Willie Nile (e anche di quella di Massimo Priviero), spulciate nella bibliografia tematica di Jimmy Ragazzon perché Rolling Vietnam, scoprite una per una le canzoni che fecero la differenza (ci sono tutte) perché oltre ad essere un saggio in forma di romanzo (o viceversa, i più esperti la chiamano metanarrativa) è il vero “fuoco d’artificio” che unisce e racconta come quel “merdaio” della guerra spacca e divide.
Marco Denti
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