LA STORIA:
Sarà la guerra del Vietnam a dargli l’occasione di intraprendere un viaggio di revisione critica delle proprie certezze, un percorso che si rileverà ben più lungo e doloroso del previsto. A fargli da guida sarà Hank, un vecchio negoziante di dischi, uomo culturalmente legato a New York e al mondo del folk del Greenwich Village, con il quale David avrà nel corso degli anni continui scontri ideologici e proficui scambi di vinili. Ma a scandire gli eventi e le tragiche notizie che arriveranno dall’Asia saranno due trasmissioni della radio locale: da una parte Cut The News, condotta dal misterioso Jack The Knife, irriverente e polemico disc-jockey, pacifista e anti-interventista, che si prodigherà per lunghi anni a trasmettere tutte le canzoni contro la guerra che non trovavano spazi sui canali nazionali. Dall’altra invece Good Ol’ Times, trasmissione di country music gestita da Hiram King, che darà voce all’America orgogliosa descritta nelle hit di Nashville e alle ragioni dell’intervento contro il comunismo dilagante.
Due mondi che si scontreranno a suon di canzoni e classifiche di Billboard, in una guerra mediatica che David seguirà fino al 1975, sperando fino all’ultimo di poter ricostruire un’eredità morale per i propri figli. Un calvario che si concluderà però solo circa dieci anni dopo, con la figlia Melinda diventata irriducibile fan del Bruce Springsteen di Born In The USA e con la Guerra Fredda che vive il proprio gran finale.
Rolling Vietnam narra dell’unica volta in cui la musica non si è solo limitata a raccontare dei fatti storici, ma ne ha definito gli eventi, ha dato ritmo ai bombardamenti e ha contribuito a scriverne l’epilogo. Narra di patriottismo e dissenso, narra di eroi mancati come Bob Dylan e re in esilio come Elvis Presley. Racconta delle speranze di Ho Chi Minh, dell’ostinazione di Lyndon Johnson e dei trucchi di Richard Nixon parallelamente all’ironia di Phil Ochs, le visioni di Jim Morrison e la controrivoluzione di Merle Haggard. Narra di Khe Sanh, My Lai e Hamburger Hill contemporaneamente al Festival di Woodstock, alla tragedia di Altamont e alle proteste universitarie. Rolling Vietnam è un jukebox scritto e una lettura da ascoltare, attraverso le trasmissioni televisive, i film, e più di cinquanta brani che hanno scritto la vicenda americana più controversa del secolo scorso.
mercoledì
giovedì
RECENSIONE DI MARCO DENTI SU BUSCADERO di Dicembre
Tra le tante formule usate per spiegare la guerra del Vietnam quella di Denis Johnson è la più pertinente per raccontare questa Radio-grafia di una guerra perché in Albero di fumo (Mondadori) la indicava come un “merdaio con fuochi d'artificio”. E’ la seconda parte della definizione quella che Nicola Gervasini ha cercato di individuare in Rolling Vietnam, un libro che unisce molti punti, una specie di cruciverba in cui è impossibile evitare assonanze, incroci, connessioni, collegamenti. E’ inevitabile associare ai “fuochi d’artificio” il rock’n’roll che ha fatto da “original soundtrack” al conflitto e i personaggi di Nicola Gervasini proprio da lì partono, visto che si comincia da Bruce Springsteen e un flashback dopo l’altro viene passata in rassegna tutta la discografia inerente, in un mondo o nell’altro, alla guerra e ai suoi collegati. C’è l’intero “Vietnam” e non è un caso che sia un italiano (anche se ormai americano d’adozione come tutti noi) a vedere in modo così completo come la ferita della guerra del Vietnam abbia scavato a fondo nella cultura e nell’immaginario americano (e non solo). Lo fa in modo articolato, passando attraverso le canzoni (è questo, e altro ancora, il senso del curioso sottotitolo, Radio-grafia di una guerra) e le musiche (il folk e il rock’n’roll) che hanno distinto quel lungo e sanguinoso momento storico, quasi un quarto del ventesimo secolo. Alcune date vorrebbero che quel segmento di tempo coincida con l’ascesa e la caduta (una delle tante) del rock’n’roll, ma il legame è molto più profondo. La guerra in Vietnam è stata la prima a condividere con il rock’n’roll, l’ascesa del mezzo di comunicazione per eccellenza, la televisione, e la miscela non poteva che scardinare molte strutture. Questo nella realtà perché in Rolling Vietnam la vera protagonista è la radio che riproduce la divisione che, in nome della guerra, ha spaccato in due l’America: da una parte Hiram King e dall’altra Jack The Knife sono due speaker che sembrano combattere una personalissima battaglia a suon di canzoni, ognuna con la sua storia. L’escamotage narrativo non finisce qui perché il principale interlocutore di David Pry, il protagonista di Rolling Vietnam, è Hank (si sarà notato che ogni nome nasconde a sua volta una o pià biografie alternative) un negoziante di dischi che lo rifornisce di tutte le novità. A questo punto è necessario un tributo a tutti quei negozi di dischi che sono ancora veri e propri centri culturali: Rolling Vietnam spiega molto bene cosa succede quando si compra un disco e quali sono le implicazioni possibili ed è comunque lì che, tra tutti i luoghi possibili, si svolge l’immaginario incontro che vorrebbe saldare una ferita. Anche se il “Vietnam” di Nicola Gervasini si svolge tutto in America, nello stato di New York per essere precisi, bisogna dire che nella Radio-grafia di una guerra s’intravede un’idea della musica (non solo del rock’n’roll) e in definitiva della cultura con una valenza che ormai in pochi riescono a dargli. Se non basta questo, fidatevi della breve e commovente introduzione di Willie Nile (e anche di quella di Massimo Priviero), spulciate nella bibliografia tematica di Jimmy Ragazzon perché Rolling Vietnam, scoprite una per una le canzoni che fecero la differenza (ci sono tutte) perché oltre ad essere un saggio in forma di romanzo (o viceversa, i più esperti la chiamano metanarrativa) è il vero “fuoco d’artificio” che unisce e racconta come quel “merdaio” della guerra spacca e divide.
Marco Denti