Rolling Vietnam ha un padre mancato, e si chiama Gianrico Bezzato. Che
ora è venuto veramente a mancare lo scorso gennaio. E per ricordare colui che
avrebbe dovuto scrivere questo libro, pubblico un bellissimo ricordo di Marco
Denti. Quando Marco nel novembre del 2008 mi disse che aveva un progetto per un
libro sul folk ai tempi della guerra del Vietnam e che però il tutto si era arenato, io non
sapevo di tutto questo retroscena. Ma io, come "il Bezz" (così era conosciuto tra gli amici), saputo del progetto ho
subito immaginato quanto noioso potesse diventare raccontarlo ancora una volta
come se fosse “Storia”, e quanto invece poteva diventare intrigante se fosse
diventata “una storia”.
Bezzato avrebbe scritto tutto un altro libro, il rimpianto resta solo di
non averlo mai potuto leggere.
Nicola Gervasini
Gianrico
Bezzato, nato nel 1961, ha pubblicato il romanzo “Plays” (EIG, 2005) dopo aver
contribuito alla fondazione e alla crescita della rivista Maltese Narrazioni.
Come traduttore ha lavorato per anni con Riccardo Bertoncelli alla redazione di
libri sul rock (dagli Oasis a Tom Waits, dai Guns’n’Roses a Brian Eno) e come
musicista ha guidato per una quindicina d'anni i Knot Toulouse lungo le
impervie acque del rock psichedelico italiano. Nel 2012 è morto improvvisamente
ad Acqui Terme, la sua città-feticcio.
Rolling Bezz
di Marco Denti
Il Bezz alias Gianrico Bezzato mi aveva proposto di tradurre White Bycicles di Joe Boyd, uno
splendido libro, ma tutti per gli editori piccoli e grandi con cui lavoravo o
costava troppo o avrebbe reso troppo poco per cui abbandonammo l’ipotesi.
Restava il fatto che Gianrico si era reso disponibile a lavorare e che avevo
una collana, Distorsioni, da mandare avanti e un’idea partorita dalla mia
ossessione per il Vietnam (poca cosa, confronto a come la vive Jimmy Ragazzon)
ed era quella di un libro che raccontasse il movimento musicale che si oppose
alla guerra, alla proliferazione nucleare e sposò le cause dei diritti civili.
Ci sono molti volumi e molti studi sull’argomento, alcuni poderosi e complessi,
ma nella mia idea doveva essere un libro più agile, con un taglio pop, più
immediato e più facile, in una parola. Ero in debito con Gianrico per le
traduzioni di alcune canzoni di John Trudell per cui gli regalai i cofanetti Broadside e Washington Square Memories, due antologie minuziose e ricchissime
che documentano in modo ineccepibile, almeno dal punto di vista musicale, quel
periodo. Avevo già parlato a Gianrico dell’idea e ne era entusiasta, ma quando
gli diedi i cofanetti vidi che li raccolse con una certa riluttanza. Aveva già
in mente qualcosa (aveva sempre in mente qualcos’altro). Gli dissi che doveva
attenersi agli aspetti musicali e letterari del movimento e di non perdere
tempo in ricerche su questioni storiche e/o strategiche perché avevo interi
scaffali da mettergli a disposizione. Ci lasciammo con l’idea di risentirci al
più presto e quando Gianrico mi telefonò sentii una voce entusiasta che diceva:
“Ho appena recuperato un’intera enciclopedia della guerra del Vietnam, c’è
tutto, dal primo fucile usato all’ultima bomba sganciata”. Okay, mi sono detto,
forse Gianrico ha capito al contrario le mie indicazioni (non era raro che
succedesse) e allora gli chiesi cosa ne pensava dei cofanetti, se gli erano
stati utili (dovevano essergli utili, per forza) e lui per tutta risposta mi
disse: “Quali cofanetti?”, e capii che era già partito per un’altra direzione,
anche se al momento non mi disse niente di più. Passò qualche mese, la mia
collana cominciava a pesare, qualche scoperta l’avevamo fatta, a me si aprivano
altre porte e quando Gianrico mi chiamò per spiegarmi la sua idea, quattro o
cinque anni fa, la collana era sparita e io ero tornato un uomo libero. Non di
meno, la proposta era avvincente: “C’è questo personaggio che se ne va in giro
per il Village e scopre tutto quello che sta succedendo. Sarà un viaggio nel
tempo, prima di tutto”. Era un’idea in chiave narrativa, se non un vero e
proprio romanzo e, inutile dirlo, il personaggio che se ne andava in giro nei
club e nelle coffe house era proprio il Bezz, in una sua trasfigurazione
dylaniana, cosa che peraltro gli riusciva alla grande. Con David Nieri stavamo
già pensando a Fanclub, una nuova collana editoriale: lui aveva già scritto
l’unica biografia italiana dedicata a Cat Stevens e Fabio Cerbone stava
lavorando a Levelland, per cui
cominciavo a intravedere un’altra destinazione per la nostra idea e per la
soluzione proposta da Gianrico. Mi piaceva, era una promessa con ampi margini
di miglioramento e così chiesi a Gianrico di farmi avere una bozza, qualche
appunto, una pagina descrittiva, un canovaccio, se riusciva (sarebbe stato il
massimo) magari un indice. Insomma, qualcosa su cui ragionare, giusto per
mettere insieme una proposta comprensibile ai più. Passarono altri mesi, in cui
le telefonate finivano sempre con la mia richiesta e la sua risposta: “Ho
scritto mezza dozzina di pagine, settimana prossima te le mando”. Oppure: “Sono
proprio coinvolto dal personaggio, appena ho pronta una mezza dozzina di
pagine, te le mando, settimana prossima”. La settimana prossima arrivava e c’era sempre qualcosa che non funzionava: la
posta elettronica, i collegamenti telefonici, la memoria, più di tutto. O c’era
un’invasione di cavallette o la fine del mondo, comunque sia, quel progetto non
atterrò mai su un foglio di carta, nero su bianco. Una delle ultime volte che
provai a ricordarglielo, lo sentii tergiversare un po’ troppo e quando mi
chiese (per la millesima volta): “Ma perché invece non traduciamo Joe Boyd?”,
capii che la frittata era fatta. Però ne stavamo parlando da troppo tempo, per
cui l’idea era nell’aria e alla fine s’incontrò con l’intuizione di Nicola e da
lì prese forma in modo molto più spedito e concreto. Lo spunto nacque era
sempre quello, poi le idee e l’interpretazione di Nicola lo trasformarono in Rolling Vietnam che era ben diverso da
quello che avevo immaginato, e che comunque rimane un libro eccellente. Rimasi
però sorpreso, in corso d’opera, quando scoprii che anche Nicola aveva impresso
alla storia una dimensione più narrativa che saggistica. Non ricordo di avergli
detto del personaggio di Bezz e del resto non è che Gianrico mi avesse detto
molto di più. Sarà per le suggestioni del Vietnam, sarà perché il carattere di
quelle ballate porta sempre a identificarsi e a personalizzare l’azione, sarà
soltanto una coincidenza ma poi la fiction di Rolling Vietnam si è rivelata perfetta per raccontare quelle
storie, quei momenti, quelle canzoni così importanti. Rimane il fatto che uno
dei più bei ricordi di Gianrico che mi rimangono (perché nel frattempo se ne è
andato dietro le quinte per sempre) sia proprio un libro che non ha scritto, e
mi pare pure appropriato allo stile, molto rolling
thunder del Bezz.